Le garanzie procedimentali previste per il licenziamento dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori trovano applicazione pure quando il licenziamento stesso riguardi un dirigente, ancorché di livello apicale. (Cassazione civile, Sez. Unite, 30 marzo 2007, n. 7880)
Indennità in genere I sorveglianti non possono essere considerati lavoratori turnisti a scorrimento e quindi non hanno diritto ai relativi benefici. (Tribunale Ivrea, 07 marzo 2007, n. 30)
Estinzione e risoluzione del rapporto licenziamento reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno: in genere In presenza di una sentenza che accerta il diritto del lavoratore alla reintegra nel posto di lavoro, il datore non può ritenere unilateralmente che il rapporto sia risolto per un’altra causa (ad esempio, una risoluzione "de iure", perché nel frattempo il dipendente ha compiuto il sessantacinquesimo anno d’età): se c’è una circostanza che impedisce la reintegrazione, essa deve essere fatta valere nel giudizio che ha disposto il ripristino del rapporto di lavoro. (Cassazione civile, sez. lav., 09 febbraio 2007, n. 2898) Estinzione e risoluzione del rapporto licenziamento per giusta causa Il lavoratore che insulta il dirigente va licenziato anche se l’espressione irriguardosa («delinquente») è pronunciata in un contesto particolarmente animoso come quello di un’accesa assemblea sindacale. (Cassazione civile, sez. lav., 19 gennaio 2007, n. 1668) Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali occasione di lavoro infortunio in itinere In tema di indennizzo degli infortuni in itinere per i lavoratori, la rendita da riconoscere all’assicurato Inail in caso di incidente scatta soltanto se l’uso di un mezzo proprio - come l’automobile o lo scooter - per raggiungere il posto di lavoro è dettato dall’assenza di soluzioni alternative: è infatti il mezzo di trasporto pubblico lo strumento normale per la mobilità delle persone, che è in grado di ridurre al massimo i rischi. L’esigenza di conciliare le ragioni del bilancio dello Stato con i compiti di tutela sociale che pure competono alle istituzioni non consente infatti di gravare la collettività di spese ricollegabili a comportamenti non improntati alla necessaria prudenza. Pertanto se il lavoratore usa il mezzo privato per il tragitto casa-lavoro, non è possibile far rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa sugli infortuni in itinere una serie di condotte improntate a maggiore comodità - o minori disagi - laddove non vi sia una vera e propria necessità. (Cassazione civile, sez. lav., 17 gennaio 2007, n. 995) Differenza tra Autonomia o subordinazione Ai fini del riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, per i praticanti degli studi professionali, non è sufficiente la sola presenza costante nello studio, ma occorre comunque dimostrare di essere stati sottoposti a un vincolo gerarchico - direttivo e organizzativo - rispetto al titolare dello studio. (Cassazione civile, sez. lav., 15 gennaio 2007, n. 730) Risarcimento danni non patrimoniali - Responsabilità presuntiva ex art. 2087 cod. civ. Estensione consequenziale. Alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex artt. 2059 cod. civ. e 185 cod. pen. non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell'autore del danno se essa, come nel caso di cui all'art. 2054 cod. civ., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato. (Cassazione civile, sez. lav., 10 gennaio 2007, n. 238) Risarcimento danni non patrimoniali - Perdita di chance - Autonoma valutazione - Onere della prova - Danno risarcibile - Conseguenza immediata e diretta. Il danno derivante dalla perdita di chance non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, economicamente e giuridicamente suscettibile di autonoma valutazione, di cui l'interessato ha l'onere di provare, sia pure in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, i presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta. (Cassazione civile, sez. lav., 10 gennaio 2007, n. 238) Risarcimento - Danno biologico e danno patrimoniale - Integrità psicofisica - Verifica del giudice - Capacità lavorativa e capacità di reddito. L'illecito lesivo dell'integrità psicofisica della persona può dar luogo a due distinte voci di risarcimento, rispettivamente a titolo di danno biologico e di danno patrimoniale per la riduzione della capacità lavorativa specifica. Pertanto, il giudice è tenuto a verificare se le lesioni accertate, oltre ad incidere sulla salute del soggetto, abbiano anche ridotto la sua capacità lavorativa specifica, con riduzione, per il futuro, della sua capacità di reddito. (Cassazione civile, sez. lav., 10 gennaio 2007, n. 238) Estinzione e risoluzione del rapporto licenziamento per giusta causa Entrare in una cartella di documenti che ha password e user name, anche se è nello spazio comune della rete informatica aziendale, può essere causa di legittimo licenziamento. (Cassazione civile, sez. lav., 09 gennaio 2007, n. 153)
Il datore di lavoro è tenuto ad assicurare che, in ufficio e nei luoghi al chiuso dove i dipendenti svolgono la loro attività, non vengano accese sigarette e non ci sia fumo che danneggi la salute. (Cassazione civile, sez. lav., 16 novembre 2006, n. 24404) Lavoro subordinato - Licenziamento individuale - Mancata impugnazione entro il termine di decadenza - Inapplicabilità dell'art. 18 l. n. 300/1970 - Azione risarcitoria da fatto illecito - Esperibilità - Atto finale di "mobbing". La mancata tempestiva impugnazione del licenziamento non comporta la liceità del recesso datoriale e il lavoratore, al quale è preclusa la tutela ex art. 18 della legge n. 300 del 1970, è legittimato ad esperire l'ordinaria azione risarcitoria in base ai principi generali che la disciplinano, sempre che ne ricorrano, e siano allegati, i relativi presupposti. Per la S.C. la normale azione risarcitoria da fatto illecito, secondo i principi generali, richiede l'indicazione e l'allegazione del fatto ingiusto che si sia accompagnato al licenziamento, richiamando, a titolo di esempio, il licenziamento ingiurioso, il licenziamento come atto finale di "mobbing", il licenziamento pubblicizzato al di fuori dell'azienda con la finalità di nuocere alla figura professionale del lavoratore. (Cassazione civile, sez. lav., 12 ottobre 2006, n. 21833) Rapporto di lavoro subordinato - Mansioni inferiori demansionamento Il demansionamento o la dequalificazione sono legittimi allorché rappresentino una extremaratio, necessaria al fine di conservare il rapporto di lavoro. Ne consegue che l’art. 2103 c.c. non può trovare applicazione allorché il giudice di merito accerti - con indagine sottratta al vaglio di legittimità, se debitamente motivata - che il lavoratore rivelatosi inadeguato alle mansioni per le quali era stato assunto (nella specie, direttore di filiale di banca), e che poteva perciò legittimamente essere licenziato, abbia accettato mansioni inferiori per conservare il posto di lavoro. (Cassazione civile, sez. lav., 10 ottobre 2006, n. 21700) Lavoro subordinato - Assunzione in prova - Specifica indicazione delle mansioni da espletare - Necessità - Conseguenze. Il patto di prova apposto al contratto di lavoro deve non solo risultare da atto scritto ma contenere, eventualmente con riferimento alle disposizioni collettive, anche la specifica indicazione delle mansioni da espletare, conseguendone, in mancanza, la nullità del patto con automatica conversione dell'assunzione in definitiva, ab origine, a prescindere dal livello contrattuale e dalla natura della mansione assegnata, atteso che la possibilità per il lavoratore di impegnarsi secondo un programma ben definito in ordine al quale poter dimostrare le proprie attitudini, e la facoltà datoriale di esprimere la propria valutazione all'esito della prova presuppongono che questa debba effettuarsi in relazione a compiti esattamente identificati sin dall'inizio. (Cassazione civile, sez. lav., 10 ottobre 2006, n. 21698) Rapporto di lavoro subordinato - Estinzione e risoluzione del rapporto - licenziamento in genere Il licenziamento disciplinare intimato senza la preventiva osservanza delle garanzie procedimentali stabilite dall'art. 7 l. 300/70, non è viziato da nullità, ma è soltanto ingiustificato, nel senso che il comportamento addebitato al dipendente ma non fatto valere attraverso il suddetto procedimento non può, quand'anche effettivamente sussistente e rispondente alla nozione di giusta causa o giustificato motivo, essere addotto dal datore di lavoro per sottrarsi all'operatività della tutela apprestata al lavoratore dall'ordinamento nelle diverse situazioni e, cioè, a quella massima, cosiddetta reale, di cui all'art. 18 l. 300 del 1970, ovvero all'alternativa tra riassunzione e risarcimento del danno, secondo il sistema della l. 604 del 1966, o, infine, all'onere di preavviso ex art.2118 c.c., con la conseguenza che, in relazione a siffatta diversificazione delle varie forme di tutela, la detta inosservanza rende l'atto di recesso inidoneo alla realizzazione della sua causa risolutiva del rapporto di lavoro soltanto nell'area di operatività della tutela reale, rimanendo negli altri casi tale effetto comunque realizzato, in quanto considerato preminente rispetto all'interesse del lavoratore alla conservazione del posto. (Cassazione civile, sez. lav., 05 ottobre 2006, n. 21412) Rapporto di lavoro subordinato - Estinzione e risoluzione del rapporto - Licenziamento per giustificato motivo Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell'art. 3 l. 15 luglio 1966 n. 604, è determinato non da un generico ridimensionamento dell'attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha, quindi, il diritto a che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo e non ad un mero incremento di profitti e che dimostri, inoltre, l'impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, disattendo l'enunciato principio e ritenendo la legittimità del licenziamento della ricorrente per giustificato motivo oggettivo, aveva omesso qualsiasi motivazione in ordine al riscontro sul piano oggettivo della riferibilità nel concreto della posizione lavorativa della dipendente ad un riassetto organizzativo, non pretestuoso e non meramente strumentale ad un incremento del profitto, diretto a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, che influissero in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed imponessero un'effettiva necessità di riduzione dei costi). (Cassazione civile, sez. lav., 02 ottobre 2006, n. 21282) Rapporto di lavoro subordinato - Estinzione e risoluzione del rapporto - Licenziamento per giustificato motivo Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento è riconducibile anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo un'effettiva necessità di riduzione dei costi. Tale motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, con la conseguenza che non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il lavoratore licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, non essendo, peraltro, necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite. (Cassazione civile, sez. lav., 02 ottobre 2006, n. 21282) Morte del lavoratore - Datore di lavoro - Omicidio colposo - Obblighi di protezione - Estensione - Rapporto di causalità materiale tra condotta ed evento letale - Fattispecie. Risponde del delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore il datore di lavoro che non ha procurato lo strumentario di sicurezza necessario a prevenire eventi lesivi nel corso della prestazione lavorativa, poi verificatisi, seppure l’inadempimento sia dovuto ad una contingente indisponibilità di tale strumentario, dal momento che il diritto alla salute del lavoratore, come diritto fondamentale, non può ammettere lacune di tutela imputabili a cause indipendenti dalla volontà del soggetto titolare della posizione di garanzia. Fattispecie: Mancata fornitura del giubbotto antiproiettile alla guardia giurata. (Cassazione penale, sez. VI, 29 settembre 2006, n. 32286) Normativa antinfortunistica - Organizzazione delle attività lavorative in modo sicuro - Datore di lavoro - Responsabilità - Art. 2087 c.c., - Riduzione al minimo dei rischi - Evento lesivo - Imputazione - Art. 40, c. 2, c.p.. Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall'articolo 40, comma 2, c.p.. Tale obbligo comportamentale, che è conseguenza immediata e diretta della "posizione di garanzia" che il datore di lavoro assume nei confronti del lavoratore, in relazione all' obbligo di garantire condizioni di lavoro quanto più possibili sicure, è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa del datore di lavoro allorquando questi tali condizioni non abbia assicurato, pur formalmente rispettando le norme tecniche, eventualmente dettate in materia al competente organo amministrativo, in quanto, al di là dell'obbligo di rispettare le suddette prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l'accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi. (Cassazione penale, sez. VI, 29 settembre 2006, n. 32286) Sicurezza sul lavoro - Normativa antinfortunistica - Indisponibilità oggettiva dello strumentario di sicurezza - Datore di lavoro - Esimente della responsabilità - Esclusione. Un'eventuale indisponibilità dello strumentario di sicurezza, dipendente da qualsiasi causa, non può infatti assurgere ad esimente, per l'ovvia e stringente considerazione che il diritto alla salute (qui del lavoratore) è un diritto fondamentale dell'individuo (articolo 32 della Costituzione) che non può ammettere eccezioni . (Cassazione penale, sez. VI, 29 settembre 2006, n. 32286) Reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro - Aggravante speciale - Configurabilità. In tema di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità dell'aggravante speciale (qui, quella prevista dall'art. 589 cpv. c.p.) non occorre che sia integrata la violazione di norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, giacchè, per l'addebito di colpa specifica, è sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del disposto dell'art. 2087 del c.c., che fa carico all' imprenditore di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (Cassazione penale, sez. VI, 29 settembre 2006, n. 32286) Normativa antinfortunistica - Responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., - Ipotesi di concorrente formazione - Accertamento da parte dei giudici - Nesso eziologico. La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., nell'ipotesi di concorrente formazione, presuppone l'accertamento da parte dei giudici che il presidio di prevenzione fosse confacente a regole di esperienza statutariamente previste o invalse nelle prassi. Proprio, in forza della disposizione generale di cui all'art. 2087 del codice civile e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40, comma 2, c.p. (Cassazione penale, sez. VI, 29 settembre 2006, n. 32286) http://www.NelParmense.it/cobas-er
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