“Nessuno
resti insensibile dinanzi alle condizioni in cui versano schiere di
migranti! Nei campi dove vengono accolti sperimentano talora gravi
restrizioni”
Giovanni
Paolo II (dal messaggio per la 90° Giornata Mondiale del Migrante e del
Rifugiato 2004)
“Manifestazione
nazionale contro i Centri di Permanenza Temporanea (C.P.T)”
PROGRAMMA:
Venerdì
18 giugno 2004
·
dalle ore 10.30 alle ore
12.30 e dalle ore 16.00 alle ore 17.30 davanti alla Chiesa di Santa
Cristina, via Repubblica 23/A illustrazione della situazione degli
stranieri in Italia trattenuti nei Centri di Permanenza Temporanea e
raccolta firme per la loro chiusura e contro la legge sull’immigrazione
Bossi-Fini
·
alle 18.00 ritrovo e
partenza del corteo da piazza Garibaldi – Parma fino davanti alla
Prefettura, in cui verrà letto il documento di richiesta chiusura dei
Centri di Permanenza Temporanea in Italia.
·
alle 21.00 nella Chiesa di
Santa Cristina, via Repubblica, 23/A proiezione del film “Mare
Nostrum” con la presenza del registra Stefano Mencherini: “…un film
visto anche dal Papa, tutto quello che non avreste mai voluto vedere di
una legge italiana, immagini che la tv non ha mai mostrato sui lager di
stato, lucido, tagliente le cui testimonianze sono entrate a far parte
dell’inchiesta sul centro di permanenza temporaneo Regina Pacis di
Lecce”. Seguirà pubblico dibattito.
Sabato
19 giugno 2004
·
dalle ore 10.30 alle ore
12.30 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00 davanti alla Chiesa di Santa
Cristina, via Repubblica 23/A illustrazione della situazione degli
stranieri in Italia trattenuti nei Centri di Permanenza Temporanea e
raccolta firme per la loro chiusura e contro la legge sull’immigrazione
Bossi-Fini.
In Italia ci sono 14
Centri di Permanenza Temporanea (C.P.T.)
dal nord al sud del paese (altri 10 stanno per essere costruiti).
Inventati dalla legge Turco-Napolitano del 1998 resi “lager
di stato” dalla legge Bossi-Fini. Sono luoghi "proibiti"
alla stampa e nessuna informazione è accessibile ufficialmente.
La strage del
"Vulpitta" (28
dicembre ’99, sei giovani tunisini morti bruciati) rimane ancora oggi
l'evento più drammatico da quando in Italia furono istituiti i Centri di
Permanenza Temporanea, con essi lo Stato italiano partoriva un mostro
giuridico, la detenzione amministrativa di soggetti ritenuti pericolosi solamente
perché poveri. I pestaggi, le intimidazioni, le torture fisiche e morali
perpetrate dalle forze dell’ordine dentro questi “spazi
d’eccezione” sono emblematici del fatto che l’Italia per i migranti
è un vero e proprio Stato di polizia.
Complici di queste politiche segregazioniste sono le organizzazioni
umanitarie laiche e religiose che cogestiscono i C.P.T., il cui lavoro
sembra solamente quello di somministrare psicofarmaci e di curare in loco
gli eventuali feriti onde evitare “scottanti” referti medici
ospedalieri. Nei C.P.T. di tutta Italia, soprattutto dopo l’entrata in
vigore della Bossi-Fini che ha portato da 30 a 60 i giorni di detenzione,
si susseguono rivolte, tentativi di evasione, atti di autolesionismo e
gesti di disperazione più estremi come tentare il suicidio.
In molti C.P.T. la disperazione ha ormai raggiunto livelli insostenibili.
L’Italia, terra di frontiera della "Fortezza Europa", è il
principale avamposto dell’inflessibilità dello Stato contro i
cosiddetti “clandestini”. Mentre il nostro mare diventa un cimitero,
sulla nostra nazione vengono costruiti dieci nuovi campi d’internamento.
Tutto ciò è intollerabile! Per questo da anni combattiamo una battaglia di libertà contro le
politiche segregazioniste e di
clandestinizzazione con le quali si affronta nel nostro Paese ed in tutti
i Paesi ricchi e privilegiati
il fenomeno dell’immigrazione. La continua azione di monitoraggio e
di controllo dal basso di queste strutture, svolta in modo incessante dai
gruppi antirazzisti, rimane ancora uno strumento prezioso di controllo
democratico. Essa però non basta. E'
necessario lanciare una mobilitazione
nazionale con il chiaro obiettivo di chiudere questi luoghi di vergogna e
barbarie. Lo dobbiamo a chi dentro questi nuovi “campi” è morto. Lo
dobbiamo agli uomini e alle
donne che rivendicano il diritto ad un’esistenza dignitosa per sé e per
le proprie famiglie dopo che
la “civile” Europa ha devastato i loro
Paesi. Nessuna persona
deve essere considerata “illegale”!
Lottiamo per un’Europa senza frontiere e nazioni, in cui
ogni donna e ogni uomo abbia “diritto ad avere diritti”. Lottiamo per
un mare Mediterraneo di Pace e per una Italia smilitarizzata, ponte di solidarietà
e cooperazione fra i popoli.
IL
CLAMORE DEL MEDITERRANEO
Chi
sono quelli che incontrano l’ultimo respiro di vita sulle onde del
mediterraneo e arrivano a Lampedusa per essere sepolti in terra straniera?
Chi
sono quelli che ieri sbarcavano vivi, mentre oggi sono costretti a
sbarcare morti sulle sponde italiane?
Chi
sono quelli che non potranno più tornare indietro e rivedere il volto
della propria patria ormai eternamente lontana?
Sono
tanti, anzi troppi. Si mettono in cammino per sfuggire dalla miseria che
è stata generata ingiustamente sulla loro pelle dalle nazioni ricche del
pianeta.
Sono
loro: gli immigrati, persone stanche di vivere nell’assoluta povertà e
senza più prospettive di lavoro. Per questo se ne vanno in cerca di una
terra che possa offrire opportunità di occupazione.
Sono
loro: popoli di un’Africa martoriata dalle superpotenze che continuano a
spogliarla dalle sue tante ricchezze. Per questo, vengono a chiedere
giustizia esigendo la restituzione di un poco di quello che gli è stato
tolto.
Sono
loro: persone terribilmente impoverite e affamate che lasciano i propri
ancestrali e devono staccarsi dall’amata madre Africa, per trovare
altrove un futuro migliore che gli è stato negato nei propri paesi.
Hanno
la forza per camminare per lunghi giorni, patendo la fame e la sete.
Tentano di attraversare il deserto, ma molti non c’è la fanno e vengono
seppelliti nel cuore della sabbia. Chi riesce a sopravvivere dal deserto
deve affrontare poi il destino del mare e proprio lì incontrano la
propria tomba.
Non
vengono condannati solamente dal mare Mediterraneo, ma soprattutto sono
naufraghi dimenticati nel mare dell’orrore capitalista che vuole la loro
manodopera ma non vuole dare ospitalità e dignità umana.
Che
destino! Alcuni muoiono nel deserto, altri vengono addirittura pescati
morti dalle reti dei pescatori del Mediterraneo. E chi riesce ad approdare
sul porto della meta, ci arriva purtroppo morto.
E’
un clamore che rivela l’ipocrisia neoliberista di chi difende a spada
tratta il crocifisso nelle scuole, ma non vuole accogliere le rivelazioni
odierne del Cristo crocifisso nel volto di questi poveri cristi di oggi.
E’
un clamore che richiede giustizia e non più elemosina, solidarietà e non
più pietà, liberazione e non più oppressione, integrazione e non più
esclusione, condivisione e non più cannonate.
E
allora, sentiamo profondamente il forte dolore di questi nostri co-umani,
facciamo nostro questo clamore di giustizia e impegniamoci a rifare i
colori del Mediterraneo, ormai troppo rosso dal sangue versato di tanti e
tanti immigrati.
Padre
Adriano Sella
Missionario
Saveriano
(dal
suo ultimo libro “Fiori di Giustizia” pag. 47, editore Gocce di
Giustizia)
Perché diciamo no ai CPT!
Persone in gabbia. Ce ne sono in questa città, oppure ce ne saranno se
i progetti di espansione delle galere etniche andranno in porto.
Serviranno a rinchiudere
uomini e donne colpevoli solo di voler esistere in un paese che non è il
loro, in cui i loro diritti sono sospesi. "Non persone" in un
continente che si celebra come la culla dell'accoglienza e del rispetto
dei diritti, che proclama la propria democrazia come unica forma di
convivenza possibile e intanto esclude, discrimina, elimina, chi non è
conforme ai propri interessi. I Centri di permanenza temporanea per
migranti sono questo e sono molto di più.
Sono
luoghi in cui si viene rinchiusi per sessanta giorni in attesa di essere
identificati e rispediti al proprio paese. Sono luoghi da cui molto spesso
si viene espulsi con un foglio senza essere stati identificati,
condannando la persona ad una perenne fuga, una continua clandestinità.
Sono luoghi in cui non esistono
neanche le garanzie giuridiche degli istituti penitenziari, dove ci si
ferisce o si tenta il suicidio, dove non è spesso garantita assistenza
legale.
Luoghi in cui possono entrare
solo i parlamentari, in cui anche il diritto di far sentire la propria
voce è impedito. Luoghi in cui si somministrano farmaci per impedire
tumulti e disordini, istituzioni totali in cui operano organizzazioni come
la Croce Rossa, Le Misericordie o settori marginali del terzo settore, ma
la cui sorveglianza è affidata alle mani e alla discrezionalità
dell'autorità del Ministero dell'Interno, del Prefetto, delle forze
dell'ordine con l'obbligo di impedire con qualsiasi mezzo la fuga di
quelli che con ipocrita censura vengono definiti "ospiti".
Luoghi
che gravano sul bilancio dell'ultima legge finanziaria per 105 milioni di
euro, soldi che potrebbero servire per accogliere e fornire servizi
sociali a migranti e autoctoni e che invece ingrassano i bilanci di chi
gestisce ogni singolo centro. Poco è dato sapere a coloro che vogliono
conoscere dal di dentro queste realtà: ogni informazione sembra vincolata
da segreti riguardanti la sicurezza nazionale tanto che persino ai
parlamentari è spesso negato l'accesso ai procedimenti che regolano le
convenzioni di appalto fra lo Stato e gli enti gestori. Quello che giunge,
dopo molte fatiche, sono solo cifre insignificanti e ambigue. Ma sono
soprattutto luoghi inaccettabili di sofferenza: possono avere l'aria
condizionata come a Modena o essere ritenuti inaccettabili per qualsiasi
criterio di abitabilità come a Lamezia Terme o a Torino, dove non è raro
veder correre fra una gabbia e l'altra di quelle che recintano i container
in cui sono ricevuti gli "ospiti", topi più grossi di un gatto.
La sofferenza di essere privati della libertà personale senza alcuna
ragione, di ritrovarsi un momento prima al lavoro, al bar con gli amici,
in casa e di colpo in una gabbia, vedendo frantumati i sogni di una vita
migliore senza neanche capire perché. I CPT, come ormai sono chiamati da
noi, sono una istituzione presente in tutti i paesi del mondo ricco,
servono anzi a delimitare i confini, fra chi
ha diritto ad un futuro e chi deve tornare a casa propria. In
Italia, con una scelta scellerata, li ha istituiti un governo di centro
sinistra, li ha inaspriti un governo di centro destra.
Unico il disegno, adeguarsi alle scelte e alle imposizioni
dell'Europa che segna e ridisegna continuamente le proprie frontiere con
il trattato di Schengen. Esiste, si consolida, trova spazi però un
pensare comune che ripudia questi strumenti. Crediamo che i Cpt, come ogni
altro strumento di privazione immotivata delle libertà personali, segnino
un pericoloso arretramento etico prima ancora che politico. E’ questa
l'accettazione e l'istituzionalizzazione di una divisione gerarchica fra
persone a cui sono garantiti i diritti fondamentali e persone da
utilizzare come merce e poi rispedire via quando non servono più. Per
questo oggi siamo qui, soggetti diversi, uomini e donne che a questo
pensiero non si adeguano a denunciare l'esistenza di questi immondi luoghi
di ingiustizia, per affermare col nostro gesto di disobbedienza, un no
senza se e senza ma a questi muri a queste sbarre, a questi fili spinati.
I Cpt vanno chiusi perché luoghi della vergogna. A coloro che hanno già
la sventura di averne nel proprio territorio chiediamo di attivarsi
insieme a noi per imporne la chiusura, a coloro che ancora sono immuni
chiediamo di imporre alle proprie amministrazioni locali che si diano da
fare per impedire che se ne realizzi alcuno. Sarebbe un segnale profondo
verso una democrazia reale nel nostro paese.
Le
associazioni organizzatrici:
Comunità
Le Piagge (Firenze)
Padri Sacramentini (Caserta)
Tam-Tam
per Korogocho (Rovereto di Trento)
Torino Social Forum (Torino)
Comitato
delle Associazioni Per la Pace
Todo Cambia (Milano)
e i Diritti Umani (Rovereto-Trento)
Rete Antirazzista (Venezia)
Medici
del Mondo (Firenze)
Pax Christi Punto Pace (Roma)
Agorà ( Portici-Napoli)
Laici Comboniani (Palermo)
Missionari
Comboniani
Associazione La Pulce ( Venegono Sup-Va)
Dipartimento
Immigrazione PRC (Roma)
Centro Sociale Excanapificio (Caserta)
Chiesa
Libera (Avellino)
ARCI (Nuoro)
Centro
Sociale (Reggio Calabria)
Beati i Costruttori di Pace
Naga
(Milano)
Centro
Sociale LeonCavallo (Milano)
Associazione
3 Febbraio
Comunità S:Benedetto (Genova)
Parrocchia
S.Cristina, Gruppo Ya Basta,
Gruppo
Ciac (Parma)
|