La Società Filodrammatica Piacentina propone alla Sala delle Muse, in via San Siro, 9, il nuovo spettacolo: "Le serve" di Jean Genet con la regia di Mario
Mascitelli.
La nuova produzione andrà in scena venerdì 24 e sabato 25 alle ore 21,
domenica 26 marzo 2006 alle ore 16.30.
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Protagonisti dell'atto unico del grande drammaturgo parigino, nel ruolo delle serve, saranno: Loredana Terminio (Chiara) e Gabriella Carrozza (Solange).
Con loro Umberto Fabi nella parte della Signora. Lo spettacolo è a posti limitati.
Prenotazione obbligatoria
al tel. 348-2680228.
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"Le serve" rappresenta un cupo rituale attraverso cui si manifesta il lato oscuro di un ambiguo cerimoniale di redenzione dallo stato di sottomissione che opprime le protagoniste, la sublimazione di una nera liturgia di frustrazione e liberazione di due serve che sognano e progettano di sopprimere la padrona: non appena "Madame" esce di casa loro si affrettano ad indossarne gli abiti, mimano un rapporto che dal mellifluo rispetto passa all'odio dichiarato e poi all'apice dello strangolamento, scambiandosi di volta in volta le parti della carnefice e dell'amata-detestata vittima.
Per Genet, fuori dalla recita non si profila speranza di riscatto: invano le due serve provano a spezzare il cerchio illusorio propinando davvero il veleno alla padrona. Il solo modo di uscire da questa spirale visionaria, dunque di conquistare una paradossale libertà, è la scelta di Chiara di bere il veleno destinato a Madame, condannando se stessa a morire e Solange ad essere accusata del delitto assurgendo alla gloria del crimine e della condanna.
"Se le serve hanno una paura folle di essere spiate dai vicini - sottolinea il regista Mario Mascitelli -, come del resto ricorda anche Genet, ecco che allora è il pubblico a spiare attraverso una cornice-specchio con cui si confrontano in continuazione le due protagoniste. Il tutto avviene in una scatola scenografica nera dove gli oggetti è come se galleggiassero nell'aria; un'atmosfera sospesa, in cui questa metafisica del teatro punta a restituire l'ambiguità religiosa del testo".
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