Ituri (Repubblica
Democratica del Congo)
Una popolazione prigioniera di violenze sessuali
e brutalità
MSF pubblica il
rapporto "Violenze sessuali in Ituri,
i civili sono sempre le prime vittime"
Kinshasa / Bunia /
Roma, 21 novembre 2007 – Nonostante
una diminuzione generale dell’intensità e della frequenza dei
conflitti nel distretto dell’Ituri nell’est della Repubblica
Democratica del Congo (RDC), la popolazione civile continua a subire
livelli di violenza intollerabili. Dopo quattro anni di lavoro medico
nella regione, Medici Senza Frontiere (MSF) testimonia, in un rapporto
intitolato “Violenze sessuali in Ituri, i civili sono sempre le
prime vittime”, le atroci violenze sessuali e le conseguenze
umanitarie delle operazioni militari condotte nel 2007 nell’ambito del
“processo di pacificazione” nella regione.
Ogni mese da 50 a 120 persone vittime di
violenza sessuale continuano ad arrivare al Bon Marché Hospital
a Bunia, capitale della regione dell’Ituri. MSF ha curato 7.400
vittime di stupro durante gli ultimi quattro anni. Oltre un terzo di
queste persone sono state ricoverate negli ultimi 18 mesi.
“Al Bon Marché Hospital, dove
lavoriamo, il numero di pazienti stuprati resta elevato. Quasi la metà
delle violenze sono causate da uomini legati alle forze armate o alle
milizie”, spiega Bruno Jochum, direttore delle operazioni di MSF. “A
queste violenze sessuali sono associate altre forme di violenza, come
atti di umiliazione e di tortura. Un paziente su cinque afferma in
particolare di essere stato sequestrato per un periodo che va da due
giorni a diversi anni”. Tutti i pazienti che hanno subito violenza
sessuale e dei trattamenti umilianti manifestano gravi problemi nel
cercare di tornare a una vita normale.
Le operazioni militari legate al processo di
pacificazione continuano a essere fonte di violenze contro la
popolazione civile: stupri, atti di brutalità, distruzione di case,
razzie, sfollamento forzato di popolazione. Nel villaggio di Laudjo,
l’85% delle case sono state distrutte durante offensive militari
all’inizio del 2007. La violenza è la principale causa di mortalità
per le persone sopra ai cinque anni.
“I civili pagano un prezzo molto alto
per queste operazioni di pacificazione”, continua Jochum. “Sono
accusati da ciascuna delle parti in conflitto di sostenere l’altra
parte e sono di conseguenza le vittime di rappresaglie indiscriminate o
azioni punitive”.
Nella zona di Djugu, in Ituri, la violenza
ha provocato la fuga di decine di migliaia di persone che sono ridotte a
uno stato di lotta per la sopravvivenza.
Oggi, nell’Ituri, 150mila sfollati non
sono in grado di tornare a casa. In una situazione di estrema miseria,
sono vulnerabili a sfruttamento e assalti. Questa popolazione resterà
pesantemente dipendente dall’aiuto umanitario fino a quando non
saranno stabilite delle condizioni per un ritorno sicuro al loro luogo
d’origine. Nella zona di Laudjo, uno studio condotto da Epicentre, il
centro di ricerca epidemiologica di MSF, ha rilevato l’assenza di un
terzo dei bambini da zero a quattro anni. Questo evidenzia gli effetti
disastrosi e di lungo periodo di diversi anni di tassi di mortalità
eccezionalmente alti tra i bambini a causa del conflitto e della
precarietà dei servizi medici.
È necessario aumentare l’offerta di
assistenza medica e servizi sociali nella regione attraverso una presa
in carico adeguata, medica e psicologica. Di fronte a questa situazione
di estrema vulnerabilità, è imperativo che le autorità facciano tutto
il possibile per porre fine a tutte le forme di violenza, nel momento in
cui la recrudescenza dei violenti combattimenti nella provincia del Kivu
evidenzia la grande instabilità nell’est del paese.
E' possibile scaricare il rapporto
"Violenze sessuali in Ituri, i civili sono sempre le prime
vittime" sul sito www.msf.it
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